Patologie tiroidee: gli specialisti di Montallegro rispondono alle domande più frequenti

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Si è conclusa da pochi giorni la Settimana Mondiale della Tiroide che ha riportato sotto i riflettori le patologie che interessano questa fondamentale ghiandola del nostro corpo e che interessano almeno 6 milioni di italiani. Tuttavia, se affrontate con l’aiuto di specialisti qualificati, nella maggior parte dei casi non inficiano la qualità di vita del paziente.

In questo scenario, si sta sempre più affermando un approccio multidisciplinare che mette in connessione le diverse figure specialistiche coinvolte nella valutazione e nell’intervento su ogni singolo caso. In Montallegro, questo approccio è operativo e consolidato grazie a un team di professionisti qualificati. Li abbiamo intervistati per rispondere ai principali quesiti posti dai pazienti.

Patologie della tiroide: quali sono le principali?
Le principali patologie della tiroide includono noduli tiroidei e alterazioni della funzione tiroidea. I noduli tiroidei sono comuni, soprattutto nelle donne, nelle aree con carenza di iodio e aumentano con l’età. La popolazione ligure, caratterizzata da un’alta percentuale di anziani e alcune zone con carenza di iodio moderata, presenta un’elevata prevalenza di noduli tiroidei.
Le patologie legate all’alterazione della funzione tiroidea, come l’ipotiroidismo e l’ipertiroidismo, stanno aumentando e richiedono una valutazione specialistica per garantire un trattamento adeguato, prevenire complicazioni e migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Quali sono i sintomi?
I sintomi dell‘ipertiroidismo includono palpitazioni, aumento della frequenza dell’alvo, nervosismo, ansia, iperattività e perdita di peso. Al contrario, l’ipotiroidismo è caratterizzato dalla produzione insufficiente di ormoni tiroidei. Nei primi stadi, di solito non causa disturbi evidenti, ma nel tempo, se non trattato, può portare a problemi di salute come obesità, dislipidemia e depressione. L’ipotiroidismo può colpire sia uomini che donne, anche se è più comune tra le donne, soprattutto dopo i 60 anni di età.
Come prevenire?
Per prevenire le patologie della tiroide, è preferibile usare, sempre in poche quantità, il sale iodato. Lo iodio è infatti essenziale per il corretto funzionamento della tiroide e previene la formazione di noduli. In particolare, durante la gravidanza e l’allattamento, è consigliata l’integrazione di iodio per garantire un adeguato apporto al bambino in crescita. Se la paziente è affetta da alterazioni della funzione tiroidea e desidera o sta iniziando una gravidanza, è necessario consultare l’endocrinologo per valutare la possibilità di avviare terapie specifiche.

Per tutti, è consigliabile far esaminare la tiroide tramite una semplice palpazione da parte del medico di famiglia. Gli esami di screening, come l’ecografia e gli esami del sangue, sono raccomandati solo per persone ad alto rischio o per coloro che hanno una storia familiare di malattie della tiroide o malattie autoimmuni. I pazienti che sono stati esposti a radiazioni nella regione del collo devono invece sottoporsi a controlli regolari.

Noduli tiroidei: cosa bisogna fare?
I noduli tiroidei sono quasi sempre formazioni benigne e solo nello 0,3% dei casi presentano caratteristiche indicative di malignità (tumori della tiroide). Nella maggior parte dei casi, non causano sintomi e vengono spesso scoperti in modo casuale. Tuttavia, se vi sono caratteristiche cliniche o ecografiche sospette, è necessario procedere con l’agoaspirato tiroideo. La procedura consiste nell’uso dell’ecografia per valutare il nodulo e successivamente nell’introduzione di un sottile ago per prelevare del materiale cellulare che verrà analizzato dall’anatomopatologo. L’esame dura solo pochi minuti, non richiede preparazione o digiuno particolari ed è solitamente indolore, non necessitando di anestesia. Una volta completato l’esame, il paziente può tornare alle sue normali attività quotidiane.

• Leggi tutte le FAQ sul sito di Montallegro
(www.montallegro.it/magazine/al-via-la-settimana-mondiale-della-tiroide)


I vantaggi dell’approccio multidisciplinare nella cura delle patologie tiroidee
L’approccio multidisciplinare sta diventando sempre più importante. Coinvolgendo diverse figure specialistiche, come il chirurgo endocrino, il medico anatomopatologo, l’endocrinologo e il medico nucleare, si può valutare e intervenire su ogni singolo caso in modo più efficace. Questa interazione diretta diventa fondamentale soprattutto nella gestione del carcinoma tiroideo, una neoplasia con buone prospettive di guarigione, ma che richiede una strategia terapeutica personalizzata per il paziente stesso.
«Se è vero che la maggior parte delle patologie tiroidee è di semplice gestione, le situazioni complesse richiedono l’intervento di professionisti specializzati, gli unici in grado di gestire in modo ottimale l’iter terapeutico, prevenendo così situazioni che potevano essere evitate» spiega Daniele Cappellani, specializzato in endocrinologia e malattie del metabolismo.

Daniele Cappellani
L‘endocrinologo ha il compito di personalizzare la terapia, valutando e definendo il trattamento più adatto per ciascun paziente. Nella maggior parte dei casi, una terapia medica è sufficiente, ma in alcune situazioni possono essere necessari interventi da parte di altri specialisti del team.
«L’endocrinologo è un po’ il team leader del gruppo multidisciplinare, anche perché di solito è il primo a incontrare il paziente e, in base alla sua patologia, decide l’iter diagnostico e terapeutico. Durante la visita, valuta l’aspetto funzionale della tiroide e le sue possibili patologie, indagando anche la presenza di noduli», spiega Francesca Cecoli, endocrinologa con studio a Montallegro.

Francesca Cecoli
Quando l’endocrinologo individua in uno o più noduli determinate caratteristiche chiede di procedere con un agoaspirato. «La maggior parte dei noduli sono benigni, ma il chirurgo può comunque valutare se rimuoverli o meno. In alcuni casi, l’esame può mostrare risultati sospetti o francamente maligni – spiega Paola Baccinianatomopatologa, da anni consulente del servizio di Citoistopatologia di Montallegro e si occupa, con particolare interesse, di citopatologia agoaspirativa ecoguidata -. In questi casi, il prelievo viene rivalutato dal biologo molecolare che studia eventuali mutazioni genetiche. Sulla base di queste mutazioni, il chirurgo decide come intervenire».

Paola Baccini
Il medico nucleare, esperto nella patologia tiroidea, oltre a completare l’inquadramento diagnostico proponendo ed eseguendo alcuni esami specifici (come la scintigrafia tiroidea) valuta il paziente per stabilire l’indicazione e/o prepararlo alla terapia con radioiodio per il trattamento di alcune forme di ipertiroidismo o per il trattamento del carcinoma tiroideo durante l’ablazione post-chirurgica o in caso di recidiva della malattia. «Dopo l’intervento chirurgico, è fondamentale per noi individuare i pazienti che necessitano di radioiodio terapia – spiega Silvia Daniela Morbelli, medico nucleare -. Si tratta di una terapia assolutamente sicura e priva di particolari effetti collaterali, ma è comunque un’esposizione alle radiazioni, quindi va limitata ai soli casi necessari».
Silvia Morbelli

Quando è necessaria l’asportazione chirurgica di tutta o parte della tiroide, entra in campo il chirurgo endocrino che deve valutare l’impatto dell’intervento. «La decisione dipende da caso a caso e viene presa attraverso la collaborazione tra tutte le figure del team multidisciplinare – spiega il chirurgo endocrino Michele Minuto -. Oggi trattiamo i carcinomi tiroidei con approcci sempre meno aggressivi, lasciando, quando possibile, parte della tiroide in sede. Inoltre sempre più frequentemente riusciamo ad adottare tecniche di chirurgia mini-invasiva».

Michele Minuto



• Approfondisci i vantaggi dell’approccio multidisciplinare
(www.montallegro.it/magazine/tiroide-lapproccio-multidisciplinare-e-vincente)

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