Liguri e basta quelli di Vado, ma non meno eccezionali. Le due città non sono caratterizzate dall’aggettivo che ne accompagna e definisce il sostantivo, ma da un 1921-22 sui verdi rettangoli di gioco che è una storia forse più complicata che strana, apparentemente più magica che plausibile, e invece ha avuto su questa terra. Quale? Di Liguria e di Italia, ma nel mondo rotondo come il pallone per uno strano incantesimo lo Stivale praticamente coincideva con l’arco che si dipana da Venti Miglia a Sarzana. Ma è proprio vero che se ne è persa la memoria? Non proprio. 100 anni fa tondi tondi, subito prima gli ultimi due scudetti del Genoa, la Novese sconfiggeva la Sampierdarenese, antenata della Sampdoria, in una delle due competizioni valide per lo scudetto, e il Vado vinceva la prima Coppa Italia della sua storia. In finale contro l’Udinese. Per l’Immacolata del 8 dicembre verrà riproposta un revival di questa sfida tra le due compagini che in realtà un secolo fa si affrontarono il 16 luglio, dopo un percorso tortuoso, soprattutto sotto il profilo organizzativo.
È ancora il calcio dei Pionieri nonostante il movimento Italiano sia già sopravvissuto a una Grande Guerra e abbia già avuto sin troppi eclatanti casi di professionismo. Il Giuoco letteralmente spopola, affascina i borghesi di tutti i ceti, cioè chi ha qualcosa in più in tasca o in conto in banca del minimo per permettersi da mangiare e bere, e va persino oltre, in ogni senso: nobili e miserabili, magnati e operai si interessano a questa curiosa invenzione britannica. Affascina, persino troppo, e contiene qualcuno dei germi che purtroppo attecchiranno pure loro e tutt’ora ammorbano la disciplina. Alcune istanze però per i tempi erano sensate: i soldi permettevano alle società di sopravvivere e agli atleti di dedicarsi il più possibile alla loro passione, perciò era normale che fossero al centro del dibattito.
Il Grande Scisma del Calcio Italiano, Figc contro CCI
Si arriva perciò al 1921 con le blasonate e facoltose compagini del Nord -le 3 grandi di oggi a cui si aggiungono il Genoa, il Bologna e le cosiddette stelle del quadrilatero della provincia piemontese- che vogliono una nuova formula per il Campionato: meno squadre, meno sfiancanti, meno viaggi nelle contrade più sperdute del Regno dei Savoia. E insomma, in linea di principio non troppo diversamente dall’ingorda ed esagerata proposta della Super Lega che si appresta a celebrare anch’essa un anniversario ma molto meno allegro, più torta per gli squadroni e meno dispersione in briciole, ma anche un torneo di livello superiore che favorisse organizzazione, mezzi, preparazione. La Federazione però si oppone e tutela i club meno titolati e seguiti, che rischierebbero di scomparire se fatti giocare in competizioni ridimensionate, in particolare quelli del Sud Italia di ancora recentissima costituzione.
Il dissidio esplode: è il Grande Scisma del Campionato Italiano. Ci saranno due campionati: quello della CCI, Confederazione Calcistica Italiana, quello in cui militano tutte le squadre più importanti del tempo, e quello della Figc, Federazione Italiana Giuoco Calcio, di fatto l’unico riconosciuto dalla Fifa, anch’essa agli albori ma pronta a far sentire la sua voce dai primi vagiti.
Lo Scisma durerà un solo anno e si concluderà con un compromesso soddisfacente per entrambe le parte, anche se l’accordo finale sarà più favorevole per le istanze tutto sommate giuste, almeno da un punto di vista storico, dei membri della CCI. Ciò che succede in mezzo però è irripetibile: due campionati per due vincitrici e, per buona misura, la prima Coppa Nazionale. La Figc aveva infatti deciso di legittimarsi e surclassare la rivale concretizzando un progetto, analogo all’inglese FA Cup, che era in ballo da tempo e allo stesso tempo rimpolpare il proprio calendario, dal momento che il proprio Campionato aveva finito per mancare di attrattive e partite a causa delle eccessive defezioni e difficoltà organizzative.
Lo sfondareti di Vado, che centrattacco Felice Levratto
Accennato della Novese che aveva a condurla verso il titolo una specie di Bandito gentiluomo per Campione, Luigi Cevenini III°, forse il primo esempio di fantasista genio e sregolatezza del pallone tricolore, e che meriterebbero l’uno e l’altro una storia a parte, la prima Coppa Italia verrà vinta dal Vado Ligure grazie a un Campionissimo, nemmeno lui di Novi, che se non un bandito, era certo uno scavezzacollo nei suoi anni più verdi, sempre sul campo da calcio e mai a casa a dare una mano, e a cui circa 20 anni dopo verrà dedicata una canzone ad hoc dal Quartetto Cetra, uno dei loro primi successi: «Sei meglio di Levratto / ogni tiro va nel sacco / oh, oh, oh, che centrattacco!!!»
Virgilio Felice Levratto nasce infatti a Carcare, anche lui al confine col Piemonte, nel 1904 per giocare a football ma suo padre Antonio, calzolaio, non lo sa e fatica un po’ ad apprenderlo. Di palanche in casa non ce ne sono molte e ci si trasferisce dai monti in riva alle più prospere coste in cerca di maggior fortuna. Il primogenito Dante gioca anche lui a calcio col Vado ma è un ragazzo serio e compito che non da preoccupazioni; Virgilio invece, secondo di quattro fratelli, non è mai presso il focolare finché il sole è alto. È sul campo da gioco a inzaccherarsi di fango, logorarsi i vestiti e sfondarsi le scarpe che il babbo Antonio poi ripara con tutta la sua perizia e ancor maggior disappunto. Poi però già a 14 anni cambia tutto, perché il Vado lo tessera e gli da dei soldi per dedicarsi a quello strano hobby. Antonio, perplesso ma pago, accetta anche se non capisce.
Se Cevenini III° è il primo artista matto, Levratto è il primo centravanti di letterale sfondamento e devastante impatto. Lo soprannominano “Sfondareti” perché lui le sfonda davvero con la potenza del suo tiro. Ma è pure agile, tecnico, atletico. Completo. Come lo definisce Fabrizio Calzia: “non solo il suo potente sinistro, ma entrambi suoi piedi buoni, forte negli assist per i compagni meno francobollati, abile colpitore di testa”. Vede la porta e il calcio intero con gli occhi di un amante geloso e generoso, riserva loro tutte le attenzioni e ne viene generosamente ricompensato.
Sulla pericolosità del suo tiro viene riportato il caso delle Olimpiadi del 1924: l’Italia si sta imponendo sul Lussemburgo per 2-0 quando un suo tiro stende il portiere Bausch, nel senso che lo fa svenire e ci vuole qualche minuto per rimetterlo in piedi. Da lì a breve con una travolgente discesa sarebbero di nuovo faccia a faccia, “U Levre” e Bausch, ma quest’ultimo terrorizzato lascia sguarnita la porta e si rifugia dietro il palo. Il Campione, tale in ogni aspetto, si mette a ridere sguaiatamente e molto più cavallerescamente calcia fuori per non maramaldeggiare.
Ma com’è che sfondava le reti? Sempre per Calzia “la spiegazione logica per una tale incredibile potenza: le reti delle porte, un tempo, erano tenute tese come corde di violino, per cui potevano non resistere se frustate da una cannonata; nulla da togliere alla forza erculea di Levratto, intendiamoci, però forse oggi, con le reti tenute flosce come tendaggi…”
Levratto segna ben 53 gol in appena 50 partite col Vado e pure su di lui ce ne sarebbero da dire ancora tante, perché la sua storia è persino più grande di questa clamorosa prima Coppa Italia. Porta a più riprese il “suo” Genoa, l’unica squadra che amerà quanto il Vado e la Nazionale, colto da una duplice passione rossoblù, a un passo dallo scudetto della Stella, sfida la Celeste per l’Oro Olimpico alle Olimpiadi del 28’, allenerà per 30 anni, spesso al Savona, praticamente sino alla morte, nel 1968, dopo alcuni giorni di deliquio conclusi con la visione di un campo di calcio: si era messo a incitare i compagni immaginari «Via, via, avanti».
Ma ora non siamo alla fine ma all’inizio. La prima Coppa Italia.
Il percorso del Vado verso la Vittoria
Il Vado per gli accidenti occorsi quell’anno figura come Squadra di Prima Categoria, ma l’anno precedente e il seguente militava nella serie cadetta, per cui viene considerata la prima squadra di Serie B a vincere la Coppa Nazionale, un record eguagliato soltanto dal Napoli nel 1961-62.
Il primo turno è con una compagine di categoria inferiore anche per la nuova Figc, la Fiorente di Genova, che avrà corta vita -dal 1919 al 1929- ma che avrà un sussulto di fulgida gloria proprio col Vado. La sfida a eliminazione diretta finisce infatti 4-3 ai Tempi Supplementari! Più agevole il 5-1 con cui i rivieraschi regolano il Molassana, club anch’esso rossoblù-rossoazzurro che nasce nel 1918 e figura ancora oggi negli albi nazionali. Il Vado è una delle poche squadre che devono affrontare un terzo turno: ancora in casa devono affrontare…la Juventus! Ma quella Juve? No, la Juventus Italia di quegli anni garibaldini, allocata a Milano. 2-0 secco e accesso tra le prime 8. Per la prima volta in trasferta contro la Pro Livorno, il Vado vince 0-1. La semifinale è contro la Libertas Firenze, antenata della Fiorentina da cui verrà incorporata nel 1926, appena 4 anni dopo. Si gioca in riva all’Arno: 0-1 ai Supplementari, Vado in finale!
Vado-Udinese, la finalissima a oltranza
L’avversario è la molto più quotata e blasonata Udinese, che è dal 1896 che quasi guida una ribellione alla Figc. I friulani infatti all’indomani della loro nascita avrebbero vinto i primi campionati di calcio svolti in Italia, ma patrocinati dalla Federazione Italiana Ginnastica, non dalla Figc, e quindi non gli vengono riconosciuti. Nel 1921-22 provano a vincere invece restando allineati alla federazione.
La formula del torneo prevede una finale secca, sul terreno della squadra sorteggiata. In caso di parità si sarebbero tenuti i tempi supplementari poi, se il risultato non si fosse sbloccato dopo 120 minuti, si sarebbe giocato a oltranza, cioè fino all’oscurità, dal momento che allora gli stadi non erano dotati di illuminazione e a causa dei costi e difficoltà logistiche era più sensato cercare di chiudere in una sola giornata che imporre un’impervia trasferta dall’altra parte d’Italia per una delle due compagini. Se proprio non si fosse riuscita a sbloccarla però si sarebbe giocata la ripetizione a campi invertiti.
I bianconeri si stringono attorno a Levratto e oltre a resistergli si apprestano a ripartire in dolorosi contropiedi. Ovviamente si arriva al 90’ sullo 0-0. Siamo a luglio, a Vado, senza sostituzioni. Quei 22 in campo non hanno nulla da invidiare alla famigerata fornace di Pasadena del 94’. Al 120’ si è ancora sullo 0-0. Si va a oltranza. Il sole comincia a calare. Riporta Calzia che “un tifoso avverte Levratto alle prese con una rimessa laterale: “Guarda che viene buio! Poi voglio vederci a Udine!”

E allora “Gigante, pensaci tu: Levratto tira fuori le sue ultime energie, si lancia in una travolgente azione personale, gli avversari ormai scoppiati, lo attendono tutti rannicchiati al varco della loro area quando lui, U Levre, decide improvvisamente di giocare la sua arma migliore: un esterno di sinistro, rasoterra e violentissimo, oltre il tuffo del portiere avversario, con la palla che si schianta a fil di palo e…” la palla sembra essere finita in rete, ma nessuna la trova più! Per un caso simile nel 1925 Genoa e Bologna si stanno ancora contendendo decimo e primo scudetto, per fortuna che qui basta che l’arbitro si avvicini un po’ alla rete: “la prova incredibile, il tiro di Levratto aveva violato la rete nel senso più pieno del termine, l’aveva sfondata. Era gol, go, un golden gol di altri tempi, giunto dopo 127 eterni minuti”
Finisce coi giocatori del Vado che trovano dal loro cuore le forze per issare il loro gigante buono sulle spalle, toccherà tante altre vette ma in quel momento ha tutto il cielo tra le sue larghe braccia.
È una strana storia, ma non se ne è persa la memoria: 100 anni dopo è ancora Udinese contro Vado.
Federico Burlando