Si andrebbe quindi a chiudere un cerchio lungo oltre mezzo secolo, ma proprio perché il pallone è una sfera, si spera che un giorno, magari non tra 50 anni, ma ben prima, sarà Caffarata a raccogliere il metaforico rotondo testimone che le passano con un lancio da oltre metà campo campionesse del calibro di Maura Fabbri e Maria Grazia Gerwien. Ma come un Nando Martellini che talvolta nelle telecronache di certi match esaltanti giubilava per il gol prima che effettivamente avvenisse, qui si è andati troppo avanti: replay e si riparte dal calcio d’inizio.
La Nascita del Campionato di Serie A e della Nazionale Femminile, il primo scudetto del Genova
Erano anni pioneristici e imperversavano odiosi e ignoranti pregiudizi sulle donne in un campo da calcio, barriere allo sport di tutti e per tutti. Nel 1975 proprio a Genova per la gara di spareggio del titolo di campionesse della serie B tra le già promosse Sampierdarenese e il Brescia, così era costretto a commentare il Presidente della Figc femminile a difesa delle sue “ragazze”, l’Avvocato Giovanni Trabucco, che a lungo si spese per difenderne la causa, contro un decreto dell’allora Ministro della Salute Gullotti che ne limitava l’attività su rettangolo verde: “Incostituzionale, lede i diritti dell’individuo. Che le donne non possano giocare al pallone, e che siano quindi passibili di una multa, è davvero ridicolo. La legge è incostituzionale, noi ci opporremo ad essa in ogni sede. Le motivazioni di ordine sanitario sono infondate. Non è vero che il calcio sia uno sport maschile per eccellenza; recenti referti clinici, anzi, sottolineano la bontà e l’utilità di questo sport per la donna”.
Eppure vigeva un entusiasmo incredibile per le prime prestazioni sullo scenario nazionale delle calciatrici, in tutto lo Stivale, ma soprattutto tra le mura della Superba, giustificato da risultati veramente straordinari. Nel medesimo trafiletto della Stampa che riportava le stentoree dichiarazioni del Presidente Trabucco, ad esempio, l’oggi compianto Giorgio Bidone, che sarà in seguito capo della sede genovese dell’Ansa, commentava con occhio esperto: “Invece oltre duemila persone erano presenti sugli spalti di Marassi, ad applaudire e incitare le rispettive beniamine, ma soprattutto incuriosite per la polemica che è destinata a scoppiare con estrema vivacità nel mondo sportivo”.
La nazionale femminile aveva giocata la sua prima partita il 23 febbraio del 1968 a Viareggio, anticipando addirittura la nascita della Federazione Italiana Calcio Femminile, che avvenne sempre nella città toscana, il mese successivo. Italia-Cecoslovacchia 2-1, il gol della vittoria di Maria Grazia Gerwien, detta anche Gerwien II perché pure Liliana, la sorella maggiore, giocava in quegli anni. Può essere considerato l’alter ego col piede destro invece che il mancino e un cromosoma Y in meno di Gigi Riva: ala o centravanti, rapida e implacabile, rispetto al recordman dei bomber azzurri era decisamente più generosa e meno avida; alla bisogna infatti retrocedeva sino a centrocampo per recuperare palloni giocabili. Davanti nelle classifiche marcatori aveva solo la fortissima Elisabetta Vignotto, capocannoniere della Serie A per 4 anni di fila e in gioco con Carolina Morace e Patrizia Panico per la palma di più forte di tutte.
Gerwien II era un caposaldo della Nazionale e dell’Associazione Calcio Femminile Genova che, croce di San Giorgio sulla casacca, nel 1968, vince il primo scudetto battendo il Pisa 1-0 in Finale a Roma. L’altra campionessa di entrambi gli undici è Maura Fabbri, terzino agli albori della carriera, poi mezz’ala, del 1951 come la compagna del reparto avanzato. Allenatore il sampierdarenese Ugo Mignone.

L’ACF Genova va a un passo a difendere il titolo nel 1969, arrendendosi solo per 1-0 alla ripetizione dello spareggio-scudetto alla Roma dopo che entrambe le compagini avevano collezionato 31 punti nel Campionato a Girone Unico e si erano arrestate sullo 0-0 nella prima delle belle. Nel 1970, con Gerwien capace di segnare 29 gol in 24 partite, arriva invece un terzo posto, l’ultimo podio prima dell’inopinato scioglimento della squadra nel 1972.
Ricorda proprio Fabbri: “Noi non avevamo nulla, i campi erano pietrosi e polverosi, le trasferte erano pesantissime, mangiavamo un panino prima o dopo la partita ed il lunedì si tornava al lavoro. Tanta passione, umiltà e coesione…. Questi periodi ci sono rimasti nel cuore e nella mente. Auguro alle ragazze di oggi di provare le nostre stesse emozioni e che superino gli ostacoli che si presenteranno e, al di là dei preparatori e degli staff tecnici, maturino il carattere, l’istinto e la voglia di giocare. Il calcio può essere, come ogni sport di squadra, un maestro per la vita di tutti i giorni”
Le Azzurre dell’epopea storica, Mondiali ed Europei in casa, poi l’Iran, Cina e USA
Con l’intero movimento cresce anche la Nazionale, che anzi spinge nonostante il paese Italia sia ancora molto arretrato sul fronte della parità dei diritti –molto più di quanto non sia oggi! – Sintomatico che l’Italia sia uno dei paesi più in mostra per il pallone rosa nonostante il colore azzurro delle casacche, e i fortissimi contrasti da cartellino rosso che arrivano niente meno che dal Ministro della Salute!
E così addirittura è proprio l’Italia a organizzare nel 1969 la prima Coppa Europa per Nazioni, il primo di una lunga serie di importanti trofei non riconosciuti dalla Fifa ma che aiutano le donne a emergere a livello globale, che evidenziano come non solo vogliano giocare ma come sappiano farlo pure bene. L’Italia organizza e vince: 3-1 alla Danimarca nella finale di Torino del 2 novembre. Ed è ancora il Belpaese nel 1971 a organizzare la prima Coppa del Mondo femminile, sponsor mica da poco: Martini & Rossi. Il pallone femminile tira ed è sempre un goal, ovvero letteralmente un successo. Finale sempre a Torino, sempre tra azzurre e Danesi: stavolta sono le Scandinave, a imporsi, per 0-2.
A ridosso, un’incredibile tournèe in Iran della Nazionale: a dimostrazione che il pallone è una sfera acui piace, rimbalzando, raccontare nuove storie in luoghi in cui è già passato. Infatti oggi le donne iraniane che vogliono giocare a calcio e andare allo Stadio è lo chiedono come diritto è uno degli argomenti di più stringente e triste attualità. Vengono ospitate dall’Ambasciatore italiano ed incontrano pure la Regina Farah Diba, l’ultima Imperatrice della Storia e ancora oggi paladina in esilio dei diritti delle compatriote. Per la sovrana era stato predisposto uno spazio per approdare in elicottero a una partita tra italiane e irachene, ma venne trattenuta da un altro match, di polo, tra Stati Uniti e Iran. Si risparmiò una sconfitta per 5-0 delle sue suddite, che in realtà per lei erano più concittadine, e che tuttavia sarebbe stata una vittoria. Perché la situazione attuale del paese testimonia che nello Sport, certe volte più di altre, la vittoria è sempre giocare, poi magari se ne può trovare un’altra nel punteggio.
Ai Mondiali non ufficiali del 71’ in Messico, ove l’anno prima si era giocato proprio il Mundial ufficiale, con Pelè, Riva e Beckenbauer, l’Italia arriva terza, e nel ’79 arriva la finale degli Europei, ancora non ufficiali, ancora con la Danimarca. Che vincono la bella delle belle.
Dagli anni 80’ sono gli anni della Morace e degli Europei finalmente ufficiali: l’Italia alla prima edizione si fa eliminare ai Quarti, poi per 3 volte tra le prime quattro senza finali, e nel 1993 ospita e arriva all’ultimo atto: viene sconfitta per 1-0 dalla Norvegia a Cesena.
Nel 1991 invece il primo Mondiale ufficiale, in Cina: l’Italia passa il girone e arriva ai Quarti, dove viene sconfitta dalla Norvegia ai Supplementari per 3-2 dalle Norvegesi, vere e proprie bestie nere di quegli anni.
La finale di Europea persa per 2-0 nel 1997 contro la Germania svoltosi in Scandinavia e la qualificazione ai Mondiali del 1999 negli States chiudono questo periodo d’oro nata dal dilettantismo
L’Italia Femminile torna ai Mondiali, con Cafferata?
E così il pallone ha fatto il suo giro sferico.
L’Italia di Milena Bertolini è tornata ai Mondiali dopo 20 anni, il grande calcio femminile è tornato a Genova. Italia-Brasile, e già a chi piace accarezzare il pallone, sfera di cuoio, Tango Adidas o Super Tele che sia, si risvegliano mille ricordi. Ultimi solo cronologicamente l’ultima partita del Mondiale 2019: le azzurre regalano emozioni, sono spinte da un’intera nazione che si riscopre innamorata delle pulzelle in pantaloncini e tacchetti, ammirata dal loro coraggio. Le verdeoro si impongono per 1-0 con un rigore della più forte di tutte: Marta Vieira da Silva. Ma non basta! Italiane prime rispetto ad Australia e Sudamericane per differenza reti, si va agli ottavi. Saranno poi le olandesi volanti ai quarti a interrompere il sogno, ma non ad arrestarlo.
L’Italia si è di nuovo qualificata e per prepararsi alla sua prossima avventura Mondiale ha scelto ancora il Brasile, Genova e, per l’occasione, Federica Caffarata.
Oggi l’obiettivo del professionismo non è ancora stato totalmente raggiunto, anche se è dalla straordinaria fiaccola accesa e raccolte da persone come Fabbri, a cui offrirono un posto in azienda per andare a giocare alla Brevetti Gabbiani Piacenza, uno dei primi trasferimenti nella storia Mondiale del calcio femminile, che talenti come Federica possono ardere e stupire.
Lei un po’ come Gerwien II ha rappresentato mezza Liguria come tesserata prima di esserne la rappresentante in Nazionale, nell’assai prossimo futuro al Ferraris: Ligorna 1922, Lavagnese, Genoa Women, prima degli ingaggi in Serie A con Napoli e Fiorentina.
Duttile, veloce, creativa, intervista esclusiva a Federica Cafferata
Ma prima ancora le giovanili con Benedettini della Provvidenza, Internazionale Genova e Bogliasco D’Albertis. Dove giocava a squadre miste.
Ora il ritorno a casa. Il Pallone gira, niente si chiude davvero mai: c’è sempre una pagina bianca in più per sognare. Ma le pagine scritte sin qua da tutte queste donne, tutte azzurre e spesso liguri, hanno già scritto una bellissima storia. Tutte a sfogliare, sino alla prossima: Lunedì 10 ottobre, ore 18.30, stadio Luigi Ferraris di Genova.
Federico Burlando