La sua scala di riferimento però è indubbiamente quella: tra i più grandi non solo del ciclismo italiano, ma in assoluto. L’ultimo a indossare la Rosa dal primo all’ultimo giorno era stato Eddy Merckx, e prima ancora solo Girardengo e Binda. Il sogno del Tour gliel’ha negato giusto un altro factotum di quegli anni, che non veniva da Siviglia ma dalla Navarra, Indurain; la sua grandezza però è stata tenere il passo di tutti, scalatori e sprinter, per arrivare a correre con le leggende. Uomo pratico, gli alti discorsi sui titoli però ha sempre preferito lasciarli ad altri. Per sé ha preferito tenersi ciò che contava: l’affetto della gente, l’ammirazione di chi è stato trainato dalla sua scia. Lui in questo è stato gregario: ha aperto la strada a tanti emuli che vedevano in lui un esempio.
Lo dice chiaro e tondo al Galà delle Stelle 2007 l’emozionatissimo Claudio Masnata, Sportivo Ligure dell’Anno, già Campione Nazionale su Pista 3 anni prima: “Gianni è il massimo, ho cominciato a correre per colpa sua. Era un mio idolo da bambino, ho ancora il suo poster in camera”
E Bugno, “attaccato” con tale veemenza, non può che rispondere con pari ardore: “Sono contento di aver premiato un mio fan giovane, molto giovane, che mi sembrava anche un po’ più vecchio, son contento per lui e spero che abbia delle grosse soddisfazioni dal mondo del ciclismo”

Quindi commenta il Giro di quell’anno che, in una tappa emozionantissima, dolcissima nei paesaggi e velenosa nelle salite, vide i corridori sfilare per tutte le Cinque Terre sino a Portofino e ai lungomare di Genova, per poi terminare sul pinnacolo della Madonna della Guardia: “Arrivo molto impegnativo, giornata molto calda, dove i corridori hanno sofferto parecchio, e poi il Giro d’Italia è stato vinto da quello che meritava, per l’appunto Di Luca”, che sulla punta della Superba arrivò dietro Piepoli, in seguito maglia verde, e davanti a uno strematissimo Andy Schleck, poi maglia Bianca, e alla fine secondo nella generale. Una vera e propria epifania all’ombra della Madonna per il lussemburghese al primo grande giro in carriera. Insomma, in quella tappa c’era già tutta la storia del Giro, e forse anche quella di Schleck, un po’ troppo spesso eroico, lodatissimo secondo.
Di Bugno invece, proprio perché completo, si è applaudito di tutto: gli arrivi sfortunati, ma anche tanti gloriosi. Come con Johan Museeuw. Nel 1994 l’italiano superava il Belga in “casa” sua, al Giro delle Fiandre, al photofinish; mentre, nel 95’ il fiammingo gli restituiva il favore, conquistandogli proprio all’ultimissimo un Giro di Svizzera, dove Bugno è nato nel 1964. Anche se lui si è sempre sentito Lombardo e gli è forse un po’ dispiaciuto non essere riuscito ad aggiungere proprio il Lombardia alla serie di successi.
Invece con gli Appennini gli va decisamente meglio: sempre a quel Gala premia pure la meritoria Unione Sportiva Pontedecimo per i suoi 100 anni, la quale…lo aveva premiato l’anno prima con l’Appenino D’Oro le tre vittorie consecutive, dal 86’ al 88’ nella loro storica rassegna.
Idealmente, unisce la Liguria e la Lombardia con la Milano San Remo che ha vinto nel 90’. Ma soprattutto ha unito l’Italia vincendo i Mondiali del 1991 e del 1992.
Forse allora più che campionissimo, campione altissimo. Del resto, è ancora lì a dettare la via ai ciclisti più giovani ma anche ai tifosi: pilota aereo, dal 2008 guida l’elicottero di ripresa del Giro. Per nulla ironico il titolo della sua biografia: “Per non cadere. La mia vita in equilibrio” E per confermarsi davvero completo su quello che conta, è volontario di elisoccorso. Perché tutti i veri Capitani di talento sanno essere magnifici gregari quando è necessario.
Federico Burlando