Al Gala del 2005 Antonio Rossi era appena diventato uno dei primi, ed era già da tempo una delle seconde. In una giornata intensa quasi come uno di quei dì di finale olimpica che già più volte si era trovato ad affrontare sulla sua Canoa, aveva appena partecipato al suo primo giorno da membro della Giunta Centrale del Coni, a Roma, passando da un illustre palazzo della Capitale all’altro quando è atterrato a Genova e poi al Carlo Felice per premiare la Canottieri Sabazia.
Un appuntamento a cui voleva far fronte a tutti i costi. Il suo percorso l’ha visto affrontare in seguito gli insidiosi marosi della politica, ma tenendo sempre bene a galla e addirittura in vista le sue qualità e soprattutto il suo amore per lo Sport.
Si è sempre mostrato degno anche una volta sceso per sempre, metaforicamente, sulla terra ferma, del ruolo di Portabandiera, primo canoista a potersi fregiare di tale onore. È avvenuto nel 2008, quando ha realizzato un sogno espresso proprio al Gala. “Imbeccato” infatti sui 52 titoli italiani vinti, ha evidenziato che «alla fine non sono poi così tanti…quello che mi piace dire è che ho partecipato a 4 Olimpiadi, Barcellona, Atlanta, Sidney e Atene, e ho sempre avuto la fortuna e la capacità di vincere una medaglia. Ovviamente il merito non è solo mio ma di una squadra in cui ognuno aveva il proprio compito e mi hanno portato a vincere. La quinta è Pechino 2008, ma prima c’è Torino 2006 da spettatore! A Pechino ci andiamo?
Non so, prima voglio fare questi due anni ad alto livello, poi se qualche giovane cresce, c’è la possibilità, c’è un progetto, magari per un K4, dove l’Italia non ha mai vinto nulla, questo magari mi può entusiasmare, e ovviamente bisogna anche fare i calcoli con l’età, e se trovo dei giovani che mi trasmettano la voglia, non tanto di allenarmi perché quella ce l’ho, ma di gareggiare e confrontarmi con altri avversari, allora mi piacerebbe provare»
Come andrà a finire? A 39 anni a portare il Tricolore in gloriosa marcia nel Nido d’Uccello della capitale Cinese, e con un quarto posto…proprio nel K4 nella Finale, assieme a Franco Benedini, Luca Piemonte e Alberto Ricchetti, a meno di un secondo dalla Germania e dal podio.
Già immenso, andò a un passo dall’elevare il suo monumento alla Canoa Azzurra sino a toccare l’infinito, una posizione adatta a una Stella tra le Stelle.
Non c’era solo il presagio della sua avventura lungo le sponde del Celeste Impero, ma anche del suo impegno a servire gli altri atleti, i colleghi e le generazioni future, con la medesima dedizione con cui ha affrontato la sua carriera:
«Oggi c’è stata la prima giunta, a parte il fatto che siamo andati a presentarci a Palazzo Chigi con Gianni Letta e poi al Palazzo del Coni, ed è stato molto emozionante…è stato anche molto interessante, perché ho subito potuto capire quanti sono i problemi che prima non riuscivo a vedere come atleta. E come tale porterò la mia esperienza e le richieste di altri atleti e cercherò di capire il lavoro come dirigente sportivo»
La sua avventura è cominciata nella natia Lecco, patria che dal 1968 condivide con i più attempati, fittizi e Manzoniani Renzo e Lucia, ma rispetto ai due celebri prima Promessi e poi Sposi non ha mai mostrato paura nell’aprirsi al mondo, e lasciare i Monti e le Acque del Resegone alle sue spalle. Soprattutto delle seconde, ne ha viste e padroneggiate di tutti i generi. Entrato nella Squadra delle Fiamme Gialle, vede i suoi successi ripartiti soprattutto tra K1 e K2. In quest’ultima disciplina sui 500 metri ha vinto il bronzo a Cinque Cerchi con Bruno Deossi nei 500 metri nel ’92, e sui 1000 l’Argento ad Atlanta ’96 insieme a Daniele Scarpa, edizione in cui è arrivato anche l’Oro Individuale. Sempre nel K2 1000 mt, con Beniamino Bonomi vincerà invece ancora un Oro a Sidney 2000 e un Argento ad Atene nel 2004. La bacheca vanta pure 3 Ori Mondiali, tutti nel K2 tra il 1995 e il 1998, 3 argenti con “l’eccezione” del K4, valido per una doppietta a Szeged ’98, e un Bronzo nell’Individuale, valido per un altro bis di medaglie a Dartmouth nel ’97. In definitiva, quando si parla di un Rossi longevo che ha vinto tutto e ha dominato il suo sport, occorre assolutamente specificare il nome di battesimo.
Il suo impegno per la società lo ha spinto nuovamente al largo, alla ricerca di ulteriori sfide, ma già quando era al culmine della sua attività da atleta ha sempre messo la faccia, e, se si vuole, con bonaria ironia, anche qualcos’altro, per le cause più nobili. Infatti ha sovente prestato la propria immagine ad associazioni benefiche, tra cui Amnesty International, l’Associazione Italiana per la ricerca sui tumori, Telethon e l’Associazione per la ricerca contro l’Alzheimer, sino ad accettare di aderire a un calendario di Famiglia Cristiana il cui devoluto è andato in beneficienza. Innocente, ma qualche signorina lo ricorderà con piacere.
Tutta la sua carriera può essere presa come una conferma che di un grande Campione per quanto se ne possa apprezzare il corpo, votato a spingere sempre un po’ più in là i limiti dell’essere umano, ciò che conta è sempre la testa. Quella di Antonio Rossi era più che adatta a marciare a testa alta, come la Bandiera da lui issata a Pechino.
Federico Burlando