Il campione olimpico Maurizio Stecca e la lotta al Covid-19

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«I Didn’t heard no bell», “Non ho sentito nessuna campanella!”. Per i giovanissimi è un famoso meme tratto dalla serie satirica South Park. È la didascalia che accompagna l’immagine di una sorta di pugile improvvisato, nudo sino alla cintola e pestato sino a non poter stare ben dritto sulle sue gambe. I più anzianotti o cinefili ricorderanno piuttosto la scena originale da cui è tratta la parodia, Rocky Balboa nel quinto film che combatte in strada e rifiuta di arrendersi anche se il suo stesso allievo lo sta massacrando con una gragnola di colpi. Maurizio Stecca a 58 anni si rifiuta di sentire la campanella e di ritrarsi all’angolo in cui vuole costringerlo il Covid.

“I Didn’t heard no bell” è l’incarnazione dell’uomo che non cede a circostanze soverchianti che avrebbero buttato giù chiunque. Sofferente, abbacchiato, forse persino gemente. Ma fiero e indomito. Ce ne sono di accidenti che avrebbero potuto mandare a tappeto lo spirito di Maurizio, sicuramente un campione sul Ring ma prima di tutto nella vita. Anche nel momento di massima gloria, e in una lunga carriera di successi come la sua, dall’Oro alle Olimpiadi del 1984 alle Cinture da Campione del Mondo, sembrava che gli obietti prefissi fossero ostacolati da difficoltà insormontabili. Avversari di troppo superiori. Il computo finale invece in queste circostanze è sempre stato di un risultato schiacciante a suo favore, dovuto a strategie che mostravano non solo un passo svelto, ma una mente altrettanto agile.

Sul suo profilo Facebook ha raccontato della lotta contro un nemico molto più subdolo dei suoi antichi concorrenti, con cu incrociava lealmente i guantoni.  «Ho cominciato il match più difficile della mia vita contro un avversario chiamato Covid. Non so quante riprese ci vorranno, sicuramente tante. Io, abituato a tantissime battaglie sempre vinte, sicuramente non indietreggerò mai davanti a questo maledetto avversario».

Una vera Stella nello Sport, invitato al Gala del 2013 proprio per testimoniare valori che trascendono l’eccellenza fisico-atletica e per premiare il giovane Ervis Lala della Celano Boxe. Formare prima di tutto la persona e poi affinare la tecnica è una vocazione che ha segnato la sua vita una volta sceso dal Ring, e per questo sono ormai più di 30 anni che insegna ai ragazzi nella palestra della Libertas Rimini boxe. Concedendosi anche qualche scambio col pallone a fin di bene: era titolare fisso negli anni ’90 di una squadra di calcio di ex atleti che disputava amichevoli per raccogliere fondi a scopo benefico.

Il suo percorso è un continuo salto dell’ostacolo, assieme al fratello Loris, campione del mondo dei pesi supergallo WBA. Non ha il fisco strutturato per la Boxe, una mazzata già in partenza. L’Allenatore Elio Ghelfi però crede in lui e comincia a vincere tantissimo nella categoria minimosca già a 15 anni. Un outsider perenne e in continua ascesa. Arriva il titolo dei Dilettanti Italiani, l’Europeo Junior, il Mondiale Militare. Tutto nei pesi Gallo. Quindi nel 1984 a Los Angeles, a due passi dai Super Studios e idealmente da Sylvester Stallone, chiude la sua parabola Hollywoodiana con quella la Medaglia d’Oro a Cinque Cerchi che nemmeno Rocky nei suoi film ha mai saputo vincere. Si fa strada in maniera netta sino alla semifinale, quando tutti lo danno già per sconfitto contro il dominicano Nolasco. Il verdetto finale è di 5-0. Per Stecca! Stessa storia nella finale contro il Messicano Héctor López, risultato lievemente diverso: 4-1.

Risolve i match con dei capolavori di tattica: serie di colpi d’incontro molto efficaci doppiati spesso da precisi montanti e rapida esecuzione.

Sempre contro Nolasco conquista, nel 1989, il titolo di Campione Mondiale WBO della categoria dei pesi Piuma; lo sarà per due volte totali, e, ormai prossimo al ritiro, già superati i 30, volendo concludere con una cintura addosso, si allenerà specificatamente per battere il Campione Italiano dei Super Piuma in carica Athos Menegola. Lo batte ai punti al 12° Round!

Contrae una rara malattia del sangue: l’EPN (emoglobinuria parossistica notturna), che però non gli impedisce di proseguire il suo lavoro di Maestro e di far parte far parte del team della Nazionale italiana Dilettanti.

Quando il Covid gli ha mollato un colpo sotto la cintura, mentre attendeva il cosìdetto Booster della Terza Dose, hanno dovuto trasportarlo dalle cure domiciliari all’Ospedale. Ma non si sente ancora nessuna Campanella. Non dal suo angolo.

Federico Burlando

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