Un metro e 78, una statura ben sopra la media tricolore e ben sotto quella degli altri palleggiatori, ha sempre compensato con una dedizione alla pallavolo, una grinta e un talento tali che il suo nome è iscritto a lettere d’oro nel novero della Generazione dei Fenomeni. Nonostante la concorrenza di altre eccellenze nel ruolo del livello di Vullo, Tofoli e Meoni. 3 Campionati Mondiali conquistati in 3 Continenti diversi, in Brasile, Giappone e Grecia, e anche sulla panchina non solo l’esordio azzurro col botto, ma successi dentro e fuori lo Stivale, sino alle steppe di Polonia e Russia. Uno dei primissimi premiati del Gala di Stelle nello Sport, uno dei “ragazzi” di Gian Luigi Corti.
Intervistato per le celebrazioni del 75° Anniversario dell’Ussi, sulla Motonave Philippa, poco distante da dove aveva conquistato anche la World League ospitata a Genova in occasione delle Colombiadi, ha raccontato del suo straordinario viaggio attorno al globo, un po’ come quello di un altro celebre Ferdinando, quel Magellano che fu il primo a provarci, senza riuscirci. Gli mancava forse quel tocco speciale da “Fefe”.
Da atleta, da allenatore, e il cammino sempre con i giornalisti sportivi…75 anni di Ussi…qual è l’augurio che rivolgi loro?
«Beh, innanzitutto l’augurio dopo che siamo ripartiti tutti quanti dopo un periodo abbastanza complicato è di mantenere sempre un rapporto corretto e collaborativo, nel senso che c’è sempre chi racconta l’evento e lo deve raccontare nel miglior modo e più sincero possibile. Però devo dire che nel mondo della pallavolo, e soprattutto con la Nazionale, il rapporto col giornalista è stato quasi di complicità. L’appartenenza alla maglia ha aiutato moltissimo quello che potremmo definire il “fuori” il modo di stare assieme. Faccio i complimenti per questi 75 anni!»
La pallavolo è uno sport popolare ma quanto è importante il lavoro dei giornalisti per far conoscere non solo il risultato sportivo ma anche le storie che stanno dietro a pallavolisti e pallavoliste?
«È un aspetto importante. Ad esempio noi in questo caso abbiamo ottenuto un grande risultato e quindi c’è un grande richiamo e una grande attenzione, poi è importante far conoscere quelli che sono i valori, far conoscere le storie individuali delle persone, che sono bellissime, e amplificano poi molto il risultato»
Nella sua vita che cosa ha rappresentato lo sport, quali sono gli insegnamenti più grandi che sono arrivati?
«Beh, io chiaramente sono scresciuto con lo Sport. Credo tra l’altro sia un mezzo incredibile per trasmettere valori, tutto quello che noi cerchiamo. C’è la famiglia, che sicuramente è la prima “agenzia” educativa, c’è la scuola, ma lo Sport ha dei mezzi velocissimi per coinvolgere soprattutto i giovani, la qualità della salute, e di coinvolgere e di portare avanti dei valori. A me ha dato una grande mano nella mia formazione, e continua a darmi una mano»
Cosa è importante, soprattutto per i giovani d’oggi, che sono stati lontani a causa del Covid e delle sue restrizioni?
«Che riprendano l’attività, la socialità, e a fare attività. Con il gioco è più facile stare insieme. Questi risultati che lo Sport Italiano in generale ha ottenuto credo che abbiano aiutato a mantenere lo stimolo a fare attività»
Quanto sono importanti gli stimoli, come nel suo caso, che ha preso una nazionale reduce da un’Olimpiade sicuramente non felice dal punto di vista del risultato e l’ha subito riportata al successo?
«Io ho iniziato un percorso nuovo, un ciclo Olimpico e quindi ho mixato un pochino alcuni giocatori che venivano dalle Olimpiadi, con la loro voglia di riscatto e di cambiare, e dei giovani molto interessanti, che hanno portato il loro entusiasmo e freschezza. È stata una chimica importante»
Intervista di Marco Callai, Articolo di Federico Burlando